CUB Sanità condivide l’appello lanciato dall’assemblea del 21 giugno che ha avviato il percorso di mobilitazione in opposizione al summit interministeriale del G7 sul tema salute che si svolgerà ad Ancona dal 9 a 11 ottobre 2024. Condivide la necessità di organizzare iniziative di contrasto alle scelte liberiste, di taglio di fondi, servizi e personale, di privatizzazioni, che questi “Grandi “sostengono, e ne condivide anche le modalità: il nostro modo di vedere la salute e la sanità non può confrontarsi o interloquire con chi svende la nostra salute e ne fa business nel sistema capitalistico in cui viviamo, ma si caratterizza per una visione diversa e alternativa a questo modello.
Mettiamo al centro la prevenzione primaria dato che sappiamo che il 75% dello stato di salute dipende da determinanti sociali come ambiente di vita, lavoro, casa, educazione, cibo…
Povertà e disuguaglianza sociale in crescita incidono profondamente sullo stato di salute e ci incide tutto quello che per profitto e speculazione produce malattia: produzioni nocive, grandi opere inutili dannose e costose, degrado ambientale (soprattutto delle periferie): i dati dell’agenzia europea testimoniano un aumento di morti premature per inquinamento: 491000 a livello europeo di cui 84000 solo in Italia(riguardare).
I dati ci dicono anche che mentre c’è stato un allungamento della vita media, si è invece ridotto il periodo di vita sana, con l’insorgere di malattie croniche che peggiorano la qualità della vita stessa.
Lottare quindi per la tutela della salute nell’ambiente di vita nei territori e nei posti di lavoro è quindi il primo passo per rivendicare il diritto alla salute.
Lottare per una sanità nazionale pubblica gratuita e universale è poi quello che dobbiamo fare per rivendicare il diritto ad essere curati e per questo obiettivo le lotte dei cittadini che si organizzano contro lo smantellamento dei servizi e quelle dei lavoratori del settore che rivendicano migliori condizioni di lavoro si devono intersecare: non ci può essere qualità delle cure senza qualità del lavoro.
La Cub sanità organizza le lavoratrici e i lavoratori del settore sanitario pubblico privato e appaltato.
Dalla riforma sanitaria da oggi si è assistito ad una progressiva esternalizzazione dei servizi e sono profondamente cambiate le condizioni di lavoro nel settore.
L ‘emergenza Covid 19 ha messo in luce le conseguenze di anni di politiche di austerità che hanno portato in tutti i paesi europei ai tagli alla spesa pubblica. Anche in Italia le drastiche misure di contenimento della spesa pubblica sostenute da tutti i governi che si sono succeduti negli anni, hanno portato all’introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione nel maggio 2012, gravando su pensioni, previdenza, istruzione e sanità.
Così mentre il fondo sanitario ha perso 37 miliardi, mentre si sono persi 70.000 posti letto, depotenziati i Pronto Soccorso, eliminati strutture e poli sanitari, sacrificata la medicina di base e le attività di prevenzione e igiene pubblica, chiusi o accorpati servizi territoriali e consultori, si è enfatizzato il consumo di prestazioni individuali pagate dalle assicurazioni che con il meccanismo dell’assistenza sanitaria integrativa introdotta nei contratti di lavoro ad opera dei sindacati confederali, offrono coperture differenziate ai vari settori lavorativi. Un meccanismo che ha sottratto risorse calcolate in 3 miliardi all’anno che potevano essere aggiunti al fondo sanitario, se, recuperati dalla defiscalizzazione di cui godono le imprese per l’utilizzo del welfare aziendale e contrattuale.
Il disinvestimento maggiore e la massima penalizzazione è stata portata avanti nel mondo del lavoro: in quindici anni sono state perse circa 50.000 unità, sostituite solo in piccola parte a seguito del blocco delle assunzioni, creando tra l’altro una situazione di forte disagio lavorativo visto il progressivo invecchiamento del personale lavorativo, nonostante le caratteristiche usuranti e gravose del lavoro in sanità e l’impossibilità di andare in pensione per l’aumento dell’età pensionabile. Per tappare i “buchi” nei servizi si è fatto libero ricorso al precariato, con le agenzie interinali, le partite IVA, il lavoro atipico.
Carenze di personale e burocratizzazione dei servizi che hanno interessato anche i servizi di prevenzione sui luoghi di lavoro lasciando sicuramente più spazi di elusione delle normative sulla sicurezza sul lavoro che sono sicuramente un cofattore insieme all’aumento dei ritmi di lavoro , al sistema di appalti e subaapalti, un cofattore dell’aumento costante degli infortuni e delle malattie professionali
Si è tanto parlato del rilancio della sanità con i fondi del recovery fund: dei 191 miliardi destinati all’Italia solo 19 miliardi saranno per la sanità, molto lontani dai 37 miliardi persi negli ultimi 10 anni, ma queste risorse non saranno destinate alle assunzioni di personale carente in tutte le strutture sanitarie pubbliche, perché per le assunzioni il riferimento è solo alla disponibilità del fondo sanitario nazionale.
Le leggi di bilancio hanno visto i questi anni un progressivo impoverimento del fondo sanitario, a fronte invece di un aumento a dismisura per spese militari e riarmo e sostegno ai paesi amici: nell’ultima legge di bilancio la spesa sanitaria rapportata al pil cala al 6,3% nel 2024, scendendo ancora rispetto al 2023 dove era 6,6: una spesa sanitaria che continua a calare ripercuotendosi sul diritto e l’accesso alle cure per larghe fasce di popolazione.
Ma non è solo un problema di fondo sanitario e di risorse insufficienti, anche se un finanziamento adeguato sarebbe il primo passo.
È anche un problema di destinazione di risorse; ancora una volta il governo prevede un aumento di fondi da destinare al settore privato per alleggerire le liste di attesa: un privato che fa business sulla malattia e che sempre di più si inserisce nel SSN attraverso convenzioni, accreditamenti, concessioni, appalti…
Un privato che fa business anche riducendo i costi per il personale, per la sicurezza, tagliando diritti e stipendi per i lavoratori del settore.
A questo privato si programma di destinare un aumento di fondi che è aumentato progressivamente negli anni: in Lazio già il 55% della spesa sanitaria regionale finisce nelle tasche del privato accreditato, il Lombardia quasi il 50%, ecc.
Per anni si è perseguita la politica della progressiva esternalizzazione dei servizi, prima quelli non sanitari, come mense, manutenzioni e pulizie, poi sempre di più i servizi sanitari, da quelli territoriali e domiciliari a quelli di salute mentale, le dipendenze, i disabili, fino a delegare quasi completamente la cura degli anziani alle RSA:il sistema socio sanitario è già tutto privatizzato in mano a “Cooperative” o meglio Aziende per il business di anziani disabili e soggetti fragili.
Questa progressiva esternalizzazione dei servizi ha creato nel settore sanitario e socio sanitario, una fetta enorme di lavoratori che rischiano il posto di lavoro ad ogni cambio di appalto o di convenzione, che sono pagati circa il 30 per cento in meno dei lavoratori del pubblico, che sono inquadrati in una decina di contratti diversi (cooperative sociali, Anaste, Uneba, Agidae, Aiop, …) e con diritti e tutele normative inferiori ai propri colleghi del settore pubblico. Un settore dove vengono impiegati anche tanti operatori stranieri, che magari non possono partecipare ai concorsi pubblici perché privi di cittadinanza, estremamente ricattabili perché con l’eventuale perdita di lavoro rischiano anche la perdita del permesso di soggiorno.
Nel settore socio-assistenziale-sanitario e in particolare nelle RSA, da oltre 15 anni è stata introdotta la logica dei “minutaggi” cioè il calcolo di quanti minuti di assistenza, di cura, di intervento fisioterapico e educativo spettano ad ogni persona: una metodologia di “controllo dei tempi” ripresa dal lavoro in fabbrica e regolata da leggi regionali che rendono sempre più diversificato, da regione a regione, un adeguato e necessario piano assistenziale: una diversificazione regionale che con l’approvazione della legge sull’autonomia differenziata creerà ulteriori differenze nella cura e l’assistenza nei vari sistemi regionali e nell’esigibilità dei diritti fra cittadini di regioni diverse .
Diventa inderogabile quindi, rimettere al centro il servizio pubblico, ,(a cominciare del nome, la 833/78 indica con SSN il Servizio Sanitario Nazionale, mentre recentemente si parla di Sistema, con un significato inclusivo dell’ingresso dei privati), il potenziamento degli organici attraverso contratti a tempo indeterminato, la progressiva re-internalizzazione dei servizi con garanzie e tutele per gli attuali lavoratori dei servizi esternalizzati; ci battiamo per il contratto unico del settore sanitario pubblico privato e degli appalti, contro l’autonomia differenziata :la legge recentemente approvata potenzierà le differenze che già caratterizzano gli standard sanitari regionali portando alla migrazione sanitaria, potrà portare addirittura ad una possibile ulteriore differenziazione dei salari dei lavoratori anche su base regionale oltre alla possibilità per le regioni di nuovi ticket e tariffe, gestione dei fondi integrativi; per la riduzione dell’orario di lavoro di tutti i lavoratori del settore, affinché possano lavorare in condizioni “umane”; per investimenti per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e degli utenti; per il potenziamento dei servizi nel territorio a partire dai consultori che devono essere laici, gratuiti e aperti alle esigenze di salute e di libera scelta.
Su tutti questi temi che attraversano il mondo del lavoro in sanità e nel settore socio sanitario assistenziale come CUB sanità vorremmo portare il nostro contributo sia nelle iniziative e convegni promossi nelle giornate del G7 sia in iniziative locali e/o regionali da promuovere in relazione a tale scadenza.